bedda makiChiara Boscaro e Marco Di Stefano sono i vincitori della IV ed. di Una Commedia In Cerca di Autori, concorso indetto per il quarto anno da La Bilancia Produzioni, che ha l’unicità di premiare un testo inedito attraverso la sua produzione e distribuzione  in tutti i teatri aderenti all’iniziativa.

Ma proviamo a conoscerli meglio…

Marco e Chiara, raccontateci qualcosa in più di voi, non siete esattamente nuovi al mondo del teatro contemporaneo…

Marco: Io mi sono diplomato alla Paolo Grassi nel 2005 e laureato al DAMS nel 2006. Da lì in poi ho avuto la fortuna di lavorare in ambiti molto diversi tra loro: Teatro, Danza, Radio. Del mio lavoro amo proprio questo, la possibilità di spaziare tra i generi. Nel 2007 ho vinto un premio del defunto ETI, cosa che mi ha aperto diverse porte in Italia e all’estero. Lavoro come regista e autore con diverse produzioni e, soprattutto, con la compagnia che ho fondato con Chiara: La Confraternita del Chianti. Per gli spettacoli nello specifico rimando al curriculum, tanto lo trovate facilmente su questo sito. Qui mi fa piacere nominare i nostri confratelli senza i quali La Confratenita del Chianti non esisterebbe: gli attori Giovanni Gioia, Valeria Costantin, Diego Runko, Marco Pezza, Giulia Versari; il musicista e compositore Lorenzo Brufatto; il videomaker Antonio Giansanti; la mia assistente alla regia Cristina Campochiaro. E l’instancabile organizzatrice Silvia Pinto che segue l’attività di Manifattura K., residenza riconosciuta dal MIBACT per la quale Chiara e io curiamo la direzione artistica.

Chiara: Anch’io mi sono diplomata alla Paolo Grassi, ma nel 2010, e faticosamente inseguo una laurea specialistica in Lettere Moderne (mi mancano quattro esami). Il primo testo teatrale l’ho scritto a 17 anni, e poi ne ho fatto un mestiere, il più bello del mondo. Lavoro sia come autrice che come drammaturga per varie compagnie, mi è capitato di ridurre romanzi chilometrici per un’attrice sola, trascrivere centinaia di improvvisazioni a partire da commedie cecoviane, tradurre in una lingua inventata, coordinare un gruppo di autori via chat, inventare un dialogo tra cavalli gay e un thriller storico su un minuscolo paesino sperduto tra i monti… e poi c’è La Confraternita del Chianti. Ma Marco ha già detto tutto.

Come vi siete organizzati per la stesura di un testo teatrale con un genere così strutturato e definito?

Marco: Bella domanda… sinceramente ho ricordi confusi di quei giorni. Abbiamo scritto “Bedda Maki” parallelamente a “07.09.2012”, un testo che abbiamo creato per il festival PIIGS di Barcellona e che debutterà in catalano a luglio.  Sembrava una frenetica partita di ping pong. Quando uno si arenava su uno dei due testi passava la palla all’altro. Abbiamo abusato di caffè, questo è sicuro.

Chiara: Non è il primo testo che scriviamo insieme, negli anni siamo diventati bravini. Prima litighiamo, poi concordiamo il soggetto, poi litighiamo, poi decidiamo i personaggi, poi litighiamo, poi Marco scrive una didascalia inutile sullo spazio tipo “Lo spazio è un teatro”, poi litighiamo e ci mettiamo a lavorare. Due cartelle a testa e si fa a cambio. Io vado meglio con le strutture, lui con le battute. E poi si rivede tutto, e ancora, e ancora. Lavorare sulla commedia, per un autore, è una bella sfida. Deve essere un meccanismo perfetto. Ma se sento Marco che ride dall’altra stanza mentre legge le due cartelle nuove, allora stiamo andando bene.

Come nasce l’idea di scrivere “Bedda Maki”?

Marco: Mio padre è di Trapani. È andato via dalla Sicilia a 18 anni, per tornarvi in vacanza a trovare la famiglia. Di fatto ha vissuto più anni a Milano che in Sicilia. Questo non gli ha impedito di sviluppare una maniacale nostalgia della sua terra e della cucina che la caratterizza. Cerca quotidianamente di comprare prodotti siciliani per ricreare piatti siciliani e se va al ristorante cerca solo ristoranti siciliani. Da anni provo a convincerlo a venire a mangiare sushi con me, ma lui dice che il pesce crudo non gli piace. Chiaramente in Sicilia lo mangia: carpaccio di tonno, frutti di mare, pesce spada… La sua diffidenza verso il Sol Levante è inoltre acuita da una accusa gravissima: “I giapponesi vanno a Trapani e si comprano quasi tutti tonni perché sono più grossi e più buoni dei loro”. È da quando sono piccolo che me lo ripete. Non so neanche se sia vero, per lui è comunque imperdonabile. Un giorno mi è venuto in mente che per fregarlo bastava convincerlo che il sushi è in verità un piatto siciliano. O forse potevo inventare un maki al tonno sostituendo all’alga la melanzana fritta. Mi è anche venuto in mente il nome: Bedda Maki, citando l’imprecazione sicula Bedda Matri. Sono scoppiato a ridere da solo come uno scemo. L’ho raccontato a mio cugino, che da Trapani si è trasferito da poco a Milano, e alla sua ragazza. Sono scoppiati a ridere entrambi. Mi sono detto: devo scriverci una commedia. La sera l’ho detto a Chiara. La mattina dopo lei aveva una prima ipotesi di trama.  Ancora prima di colazione.

Chiara: Ecco. Appunto.

Cosa pensate dell’attuale panorama teatrale italiano e delle relazioni che intercorrono tra esso e il genere commedia?

Marco: Non credo ci siano grosse relazioni ed è un male. Io rivendico il diritto di scegliere il mezzo per me più opportuno per raccontare una storia. Posso mettere in scena una tragedia greca per raccontare il dramma dei migranti nel mediterraneo, ideare una performance per parlare dell’identità europea, scrivere una commedia per raccontare di un uomo che cerca in tutti i modi di restare aggrappato alle sue origini meridionali. Mi rifiuto di avere una poetica, la poetica appartiene ai morti, è qualcosa che si valuta a posteriori. L’importante è che io faccia il mio lavoro con onestà intellettuale e che il mio lavoro parli al pubblico. Per quanto riguarda il panorama teatrale in senso stretto… credo che la drammaturgia contemporanea ci salverà. In Italia abbiamo autori di grande qualità. La cosa assurda è che spesso si dice che in Italia manchi proprio la scrittura teatrale. Ridicolo.

Chiara: Quando scrivo un testo, che sia una commedia, una tragedia o qualsiasi altra cosa, penso alla mia famiglia e mi chiedo “A questo punto si sarebbero già addormentati? Chi starebbe sbadigliando? Riderebbero? Piangerebbero?”. A loro non interessa la critica, non sono operatori di settore e non si fanno problemi a dire se un mio spettacolo li annoia. Ecco, io penso a loro, torno indietro e cambio la scena. Il nostro Paese non ha un buon rapporto con la commedia, ma personalmente tengo troppo al mio rapporto con la lasagna domenicale.