Quella a Luca Franco (classe 1979 con 25 commedie al suo attivo, tutte scritte e dirette da lui) è solo la prima di una serie di interviste rivolte agli autori e registi emergenti di Commedie, e inserite nell’ambito delle iniziative finalizzate a stimolare il tessuto drammaturgico contemporaneo (vedi anche “Una commedia in cerca di autori”) e dare spazio ai giovani che, giorno dopo giorno, fanno del teatro comico il proprio mestiere.
I.-Raccontaci un po’ di te
L.F.-Ho cominciato a fare teatro quasi per gioco, la scuola dove mi sono diplomato mi ha chiesto se volevo dirigere un laboratorio teatrale, nel 1999, non ancora ventenne. Io da perfetto incosciente e da uno a cui piacciono le sfide ho accettato. Ovviamente non avevo nessun tipo di esperienza…
Poi ho scritto la mia prima commedia (definirla tale è forse un insulto alla Commedia Italiana) “Il sogno di un angelo” con cui ho partecipato a una rassegna teatrale per le scuole.
Così ho vinto una borsa di studio per un corso di regia… e tutto è cominciato da lì!
Ad oggi ho scritto e diretto 20 commedie (più tre in cantiere).
Porto in scena solo cose scritte da me. Adoro scrivere e adoro vedere la reazione del pubblico alle mie battute; se ride, se si commuove… se applaude!
Il primo spettacolo che mi ha dato soddifazioni è “Più in alto delle nuvole” che parla di due persone che non si conoscono e che muoiono in una circostanza particolare ritrovandosi insieme in Paradiso.
Lo spettacolo più rappresentato invece è “Torno presto papà” ambientato in una casa di riposo in cui l’argomento principale è il sesso con tutte le difficoltà e le ristrettezze vissute delle persone anziane.

Poi sono legato molto a “… e ci chiamano matti“, uno spettacolo un pò diverso dal mio solito stile, che tocca un po’ il teatro dell’assurdo, molto particolare e difficile, ma comunque bello e divertente. A gennaio 2014 quattro diverse compagnie metteranno in scena questo spettacolo contemporaneamente nell’ambito di una rassegna da me organizzata e ospitata dal Teatro Nino Manfredi di Ostia.
Ovviamente tra i miei preferiti non posso non citare “Ti amo, non mi ami… Viceversa“, “Questa volta te lo dico che ti amo“ (che ha visto per la prima volta sul palco un bambino e una bambina di 5 anni) e il mio ultimo lavoro “Prendo in prestito tua moglie” che ha toccato le mille presenze in soli quattro giorni, non poche per uno spettacolo fuori cartellone e fuori abbonamento.
I.-Autore e regista di commedie: una scelta o un caso?
L.F.-Diciamo che da bambino il mio sogno era quello di poter raccontare le cose a modo mio, ho sempre voluto far capire agli altri come vedo certe cose… Ho sempre sognato di vedere proiettate sul grande schermo del cinema qualcosa scritto da me, un film con cui trasmettere finalmente le emozioni che sentivo dentro(ovviamente questo sogno persiste ancora oggi). Poi un po’ per caso un po’ per gioco, mi sono ritrovato nel mondo del teatro…
I.-Dove cogli gli spunti per i soggetti dei tuoi spettacoli?
L.F.-Ogni mia storia nasce dalla quotidianità. mi piace scrivere storie dove il pubblico possa ritrovarsi, dove possa dire… “È vero, anche a me è successo!”. Voglio che le mie commedie siano semplici, come il pubblico a cui si rivolgono.
I.-Su cosa si basa la comicità?
L.F.-Credo che la comicità si basi sulla vita quotidiana ovvero sul giocare, sempre con rispetto, e sul prendere in giro situazioni che ogni giorno accadono realmente. Il pubblico deve rispecchiarsi in quello che vede, deve poter dire: ” È vero! Ha ragione! È proprio così!”.
I.-La comicità è una cosa seria? È più difficile far ridere o far piangere?
L.F.-Alberto Sordi diceva: “Quando si scherza bisogna essere seri”. Non aggiungo altro…
Non so se sia più difficile far ridere o far piangere. Credo che tutto nasca da un’emozione, condita dal talento e mantecata con un po’ di esperienza.
Mi piace scrivere, mi piace far ridere, ma quando riesco a far piangere, a commuovere il pubblico mi commuovo anche io.
I.-La leggerezza può essere una chiave di lettura anche per tematiche più drammatiche?
L.F.-Spesso io affronto tematiche più o meno drammatiche con leggerezza. Ma mai con superficialità! Il far ridere sopra una vicenda drammatica è un modo per far entrare il pubblico più facilmente in quello che voglio raccontare, portandolo a riflettere in maniera naturale.
Nel mio ultimo lavoro, “Prendo in prestito tua moglie“, porto all’estremo l’omofobia e la paura del diverso di un padre nei confronti di un figlio gay, anche con battute che possono risultare “pesanti”, con lo scopo palese di ottenere l’effetto contrario sul pubblico, per aprire più facilmente la mente e trasmettere un’emozione tramite qualcosa che per gli spettatori era impensabile o lontano anni luce da loro, fino a pochi minuti dalla chiusura del sipario.
In fondo, se ci pensiamo quello che ci ha fatto sempre più ridere è vedere qualcuno cadere… si può esser fatto male, ma d’istinto fa ridere!
I.-Come la commedia teatrale si deve differenziare dai clichè del modello comico televisivo?
L.F.-Sono sincero, guardando trasmissioni come Zelig e Colorado, o peggio ancora come Made in sud, io non rido più!
Qualche anno fa ridevo di più, la comicità era diversa, più semplice e più diretta. Credo che le differenze siano già ben evidenti tra la comicità televisiva e la comicità teatrale per come la intendo io.
La comicità deve essere intelligente! Credo che in questo periodo il comico televisivo che si avvicina di più alla comicità teatrale sia Checco Zalone: di lui mi piace – riallacciandomi alla domanda precedente – il suo far riderti trattando anche di argomenti molto seri, magari anche solo accennandoli, ma ti rimangono dentro e ti capita di ripensarci.
I.-Come vedi il tuo futuro in teatro? Credi che scriverai o dirigerai commedie?
L.F.-Vedere il pubblico che ride e si emoziona per un testo scritto da me è un’emozione indescrivibile, non credo che potrei fare a meno di scrivere e di raccontare la mia vita e quella delle persone che mi circondano. Sogno di scrivere un film per il cinema… sono giovane e sicuramente ce la farò! La vita è fatta per realizzare i sogni…
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Elisa Abbadessa