#yogadellacommedia

Forse ridere non è come mangiare una mela al giorno, ma sicuramente fa bene ai muscoli, ai nervi e al cuore.

A sostenerlo i guru dello Yoga della Risata, chi della Commedia ha fatto un mestiere e il filosofo John Moreall che indaga sulle origini, sull’etica e sulle virtù del riso nel suo testo “Filosofia dell’umorismo“.

Perché ridiamo? L’autore risponde illustrando i giudizi espressi dai più grandi pensatori nelle diverse epoche, classica, medievale e moderna, dividendoli in tre fondamentali teorie sull’umorismo: ridere per superiorità (Platone, Hobbes, Bergson), ridere per incongruenza (Kant, Schopenhauer, Kierkegaard) e, la più accreditata, ridere per sollievo (Freud, Spencer, Dewey).

Già si capisce che ridere – e far ridere – è una cosa seria, soprattutto se fatta con consapevolezza.

Morreall vuole giungere alla conclusione che l’umorismo sia qualcosa di più rispetto a ridere di cose divertenti e per farlo sposta la riflessione dal ‘cosa suscita il riso’ al ‘perché è importante ridere’.

Al fine di sostenere la sua tesi, chiama a testimoniare Aristotele secondo cui la Commedia piace non tanto per l’ilarità che suscita, ma perché accresce le esperienze umane, dato che arguzie e giochi di parole possono farsi veicolo di verità.

Ecco che la maschera dell’ironia o dell’autoironia ci permette di dire il vero con leggerezza, senza bisogno di morali, consentendoci di trasformare in altruista quello che potrebbe sembrare cinico, in costruttivo quello che potrebbe sembrare ammonitorio, in buono quello che potrebbe sembrare cattivo.

Lo sostengono anche i fan del dottor Madan Kataria: “quando si ride si cambia; quando si cambia, tutto il mondo cambia“.

Nella Commedia, ridiamo di errori, difetti, vizi più comuni; ridiamo per gli scampati pericoli, reali o immaginari; ridiamo di noi e degli altri. Ridiamo, scarichiamo la tensione e, così facendo, riusciamo a guardare con distacco la realtà e a comprenderla meglio.

In particolare l’autore elogia le virtù della Commedia in quanto promuove atteggiamenti più razionali, consapevoli, creativi e adattivi nello spettatore.

“Se utilizziamo l’umorismo in chiave liberatoria, catartica – spiega ancora Morreall – facciamo esperienza di un improvviso cambiamento nel nostro stato mentale che l’autore definisce slittamento cognitivo: situazioni che prese sul serio sarebbero irritanti perché percepite come incongruenze, se vissute con un atteggiamento giocoso e distaccato, sganciato dalle preoccupazioni, ci portano al divertimento disinteressato e a ridere come espressione di vivacità spirituale”.

Ridere unisce le persone, permette loro di scambiarsi esperienze di vita con maggior partecipazione ed empatia. Per dirla con Bergson, il riso ci anestetizza momentaneamente il cuore.

Con il cuore in pausa e la mente solleticata dalla comicità, ci godiamo la messa in scena della nostra vita perché, come sintetizzato dal maestro Chaplin, il mondo “è una Tragedia, se la guardi da vicino, ma una Commedia se la guardi da lontano“.

 

Per approfondimenti
J. Morreal, “Filosofia dell’umorismo”, ed. Sironi
D. Abbiati, “Se ridere è una cosa seria”, Il Giornale 15/11/11
Yoga della Risata

 

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Elisa Abbadessa